Il ligre, la strega e l'armadio

I vestiti che scegliamo dicono molto su chi siamo, i nostri valori, e per la gente LGBTQ+, la moda può essere un potente strumento per esprimere identità. In Ticino, un nuovo progetto chiamato Q Haus Ticino sta esplorando proprio questo concetto. Guidato da Mahdi El Ghormi e Jelena Sucic, il progetto utilizza eventi tematici e spettacoli di drag per stimolare la conversazione sull'etica dietro l'estetica.


Anche oggi devo uscire e uscire vuol dire vestirsi. Mi accingo ad aprire l’anta dell’armadio. 

Le mie vite sono lì, distrattamente riposte nel caos di scaffali in truciolare, grucce multicolore e peli di cane. Vibrano, si muovono. Vorticano a una velocità tale da confondersi le une con le altre. Le trame si uniscono in un pattern di infiniti tessuti, fantasie, sudore e sangue. Attraverso lo specchio vedo Anna Wintour, è comodamente seduta sulla mia spalla sinistra, gli occhiali quadrangolari abbassati a mezzo sguardo, mi fissa, gli occhi chiari pieni di disillusione. Mi dà una grande soggezione. 

Sull’altra una donna bengalese sta cucendo un crop top fuchsia a misura maschile. Il pancione tondo di chi è in dolce attesa è discretamente celato dalla rumorosa macchina da cucire. Non conosco il suo nome e vedendola impegnata a lavorare decido di non disturbarla con le mie domande. La donna bengalese non mi fissa, ma quasi preferirei che lo facesse. Sento il peso della sua esistenza. È giovane, avrà si e no la mia età. 

Mi sorride. 

Ho paura che la spalla mi ceda. Se le avessi fatto del male non me lo sarei mai perdonato. 

Entrambe le donne aspettano la mia prossima mossa. 

Sposto timidamente una Djellaba marocchina cremisi lungo l’asta su cui stava appesa e mi si apre uno spazio metafisico fatto di intrecci di linee ortogonali. In alto sono ammucchiate varie paia di mutande con scritto “Uomo”. Più in basso c’è una pila di pantaloni tra il serio ed il faceto, un Massimo Dutti è nell’atto trionfante di sedersi su un H&M che infastidito gli rifila una ginocchiata. I bottoni di entrambi, spaesati e in stato di clandestinità, non prendono parte al conflitto. Sono immigrati da chissà quale patta e si sono ripromessi di tenere un profilo basso, almeno fino al conseguimento della cittadinanza. E come biasimarli? Sono anni che i bottoni autoctoni lamentano che gli immigrati gli rubano il lavoro. 

Il cambiamento non è mai facile. 

Più in alto è in corso un conflitto tra due paia di camicie bianche. Quella D&G, voleva a tutti i costi che l’altra firmata H&M riconoscesse l’evidente superiorità della prima. Cerco invano di trovare un punto di incontro tra le parti. La signora bengalese, che aveva seguito il diverbio, alza gli occhi al cielo. Non vede la differenza. Anna ascolta, arriccia le labbra, ma non interviene. La verità è che entrambi vengono dallo stesso luogo: una scatola di vestiti riposta in un magazzino. Mi guardano incuriosite e mi chiedono di cosa si tratta. Spiego che è un luogo dove le persone lasciano le cose vecchie per prendersene delle nuove. “Nuove!?” ripetono in coro le due camicie. “Ci stai dando forse delle vecchie?!”.

Zohra Patrizia nel suo vestito nero al Tesoro Cafè  – ph. Jelena Sucic

Dovunque mi giro il caos regna sovrano. Volevo solo vestire qualcosa ed uscire di casa. Invece sono ancora qui. Immobilizzato, davanti all’armadio. Sono passati giorni. Giorni molto difficili. L’ultima volta che ho guardato il cellulare erano le tre e mezza di notte del tre giugno; un attimo dopo la batteria si è scaricata e si è spento. La sfida di avere trent’anni nel duemilaventiquattro è tutta davanti a me che immobile la fisso da giorni. 

Le mie gambe non ne vogliono sapere di muoversi. Davanti a me la finzione è nell’atto di assorbire definitivamente la realtà. Lo scandalo mediatico ingrassa mangiandosi il razzismo, la religiofobia, l’omotransfobia, tutte le fobie.  Post colonialismo, post capitalismo, post modernità, e altri “post”-qualcosa, tutti insieme si rincorrono in questo anello, tutti nel demoniaco atto di “post” -iciparsi a vicenda, all'infinito. 

Il lettore a questo punto potrebbe farsi delle domande. Potrebbe chiedersi perché i gironi infernali abbiano scelto proprio il mio guardaroba come luogo della loro diabolica residenza. Il fatto è che ogni armadio è un inferno. Dentro il mio i demoni sono solo più aggressivi che in altri perché sanno di essere riconosciuti per ciò che sono.

Infine la vedo. Come una fioca luce in lontananza. Faccio focus e la osservo meglio. È fiera e placida. Una pelle brillante svuotata dal suo corpo e ripiegata malamente in un angolo. La sento sospirare annoiata. Il suo sospiro è inconfondibile, è un sospiro di classe. Il suo è il fiero sospiro di chi non ha più alcuna ambizione aldilà di essere. 

Mi lancia uno sguardo languido dal basso del suo nascondiglio. Lei vuole essere ancora una volta. Vuole prendermi e uscire dall’armadio.

Questo mi fa sentire più sicuro, sento che il suo aiuto è indispensabile. Mi ricorda che dalle scelte che farò dipenderà non solo la mia vita, ma anche la sua. Dalle scelte che farò dipenderà la vita delle due donne sulle mie spalle e di tutte le altre persone. Il destino di sette miliardi di persone in un abito nero e un paio di calze di nylon. 

Mi viene da ridere. 

È un vestito smanicato in fibra elastica che arriva elegantemente sopra al ginocchio. Sul petto è impreziosito da un pizzo siciliano, nel complesso urla glamour cocktail party. Incredibile come bastino due semplici capi per evocare una dea. Potrei essere un metro più alto che lei comunque mi supererebbe di una misura pari all'altezza dei suoi tacchi. E’ sempre più alta lei, almeno dodici centimetri più alta. Anche dalla penombra del suo angolo di guardaroba emana archetipo e potere. 

La adoro. 

Zohra Patrizia si sposa con un abito ristilizzato da Melanie Zambon di Dress it Again – ph. Jelena Sucic

Le gambe tornano a rispondere. Mi muovo un po’ sul posto, faccio un passo avanti e uno indietro. Sospiro di stanchezza, ma mi sento improvvisamente piena di energie. La donna bengalese che nel frattempo ho scoperto chiamarsi Shreya sorride divertita dal mio goffo tentativo di infilare le calze. Cerco di rimanere dritta con le spalle, non la voglio far cadere. La barba non è fatta da una settimana almeno, i peli sulle gambe prosperano indisturbati da anni. Mi tiro su le calze fino alla pancia, in quella maniera che qualcuno potrebbe considerare un po’ brutta e poco elegante. Mi vedo, sono bellissima. Salgo su un paio di stiletto nere. Metto delle perle al collo e alle orecchie. Anna mi guarda, mi sta sorridendo. Inforco gli occhiali da sole Burberry anni ‘80. Sono gli stessi occhiali che metterò per nascondere il trucco nel percorso dalla macchina ai camerini del Tesoro Café. Cinquantacinque anni dopo. il ventotto giugno in Piazza Grande a Locarno. Celebreremo l’anniversario dei moti allo Stonewall Inn. 

Faccio partire la musica. Sguardo da femme fatale e via che si sfila, lontana dall’armadio, lontana dai demoni. Dopo giorni di immobile agonia sono finalmente libera. Dall’alto dei miei due metri, ancheggio selvaggiamente per la casa. Seduta in un angolo, Naomi Campbell guarda e prende appunti. Le lancio un'occhiata complice e penso che é giugno, il mese dell’orgoglio, il mese in cui riflettere sulla mia coerenza, sui miei valori. 

Cammino fiera, perchè finalmente sono consapevole. Consapevole che l’inclusione per forza di cosa deve essere olistica. Consapevole che tutte le battaglie per un mondo migliore sono connesse tra di loro. Mi guardo camminare dallo specchio e penso che sono perfetta. 

Sono l’esempio che non si crea un'estetica del rispetto senza pensare a chi dall’altra parte del mondo cuce l’abito della protesta. Di questa feroce consapevolezza riempio ogni singolo passo della mia camminata e feroce come una leonessa avanzo sprezzante verso la porta di casa. Apro il portale di uscita verso il mondo, ma sui tacchi sono più alta di quattordici centimetri e finisco per sbattere a tutta velocità contro lo stipite.

“E caddi come corpo morto cade.”

Dante Alighieri

Breve racconto scritto a quattro mani con l’aiuto della mia nobile inquilina Zohra Patrizia 

04.06.24

Mahdi El Ghomri

Zohra Patrizia camminando al Tesoro Cafè Locarno – ph. Jelena Sucic

Nel progetto Q Haus Ticino, intrecciano l'etica dietro l'estetica sulla scena di eventi tematici e spettacoli drag. Questa serie è iniziata con Zohra Patrizia lo scorso marzo. Indossava un abito da sposa riciclato e ristilizzato da Melanie Zambon di Dress it Again. Questo progetto esplora i sentimenti di identità incorporati, le domande e i significati di ogni scelta che facciamo dal nostro guardaroba. L'espressione live di questa storia culminerà a Locarno presso il Tesoro Cafè in occasione dell'anniversario di Stonewall INN, il 28 giugno, data in cui iniziò il movimento pride nel 1969.