I fatti concreti
Sempre più vestiti vengono venduti a prezzi bassi. Il nostro consumo avviene a spese dell’ambiente e delle persone che producono i nostri vestiti. Il tempo di produzione è drasticamente accelerato ed ha aggravato i problemi. L’industria della moda è una delle industrie più inquinanti mondialmente: gli abusi si possono trovare lungo l’intera catena di produzione.
I punti cruciali: violazione dei diritti umani, devastazione dell’ambiente e immense quantità di rifiuti composti da vestiti.
La violazione dei diritti umani è purtroppo all’ordine del giorno nell’industria della moda. Per i lavoratori, le misure di sicurezza e di salute basilari sono praticamente inesistenti lungo l’intera catena di produzione. Il salario minimo legale, nella maggior parte dei paesi in cui si svolge la produzione, raramente consente un tenore di vita dignitoso ai lavoratori.
Anche i nostri vestiti hanno un impatto devastante sull’ambiente. I prodotti chimici che vengono usati per la coltivazione, la colorazione, il lavaggio e il trattamento dei nostri vestiti, inquinano enormemente le acque. L’industria tessile necessita di grandissime quantità d’acqua per la coltivazione del cotone, oppure per la colorazione dei tessuti. La produzione di vestiti è responsabile del 3% delle emissioni mondiali di CO2.
Il consumo dei prodotti dell’abbigliamento è cambiato drasticamente negli ultimi 20-30 anni. Compriamo sempre più vestiti per un prezzo sempre più basso. Un secolo fa spendavamo oltre la metà dei nostri soldi per l’alimentazione e i vestiti, mentre ora ne spendiamo meno di un quinto. Oggigiorno l’acquisto di vestiti è aumentato di quattro volte rispetto a 20 anni fa.
Annualmente vengono prodotti 150 miliardi di capi d’abbigliamento, ma solo in America vengono buttati via circa 14 milioni di tonnellate di vestiti ogni anno. Dunque oltre 36 kg di vestiti pro capite annualmente, mentre in svizzera sono in media 6,3 kg.
In seguito puoi trovare dati ed esempi impressionanti sulle dimensioni e della distruttività dell’industria odierna.
Un’industria potente.
Un sesto dei lavoratori mondialmente è attivo nel settore tessile e dell’abbigliamento. Coltivatori e rivenditori di cotone sono presi in considerazione.
Circa 60-75 milioni di persone lavorano nelle fabbriche di trasformazione e assemblaggio dell'industria della moda, di cui l'80% sono donne. Esse sono particolarmente colpite dalle violazioni del diritto del lavoro.
Nel 2016 sono stati prodotti circa 150 miliardi di capi, rispetto ai "soli" 80 miliardi del 2012.
Materie prime problematiche
Circa il 60% di tutti gli indumenti contiene fibre di plastica, il 35% della microplastica nell'oceano proviene da tessuti.
Circa due terzi dell'area coltivata a cotone nel mondo sono coltivati con varietà geneticamente modificate. Solo in India, circa il 93% del cotone coltivato nel 2017 è stato geneticamente modificato.
La coltivazione del cotone è responsabile del 10% - 20% dell'uso globale di pesticidi - nonostante la coltivazione costituisce solo circa il 2,5% delle terre agricole utilizzate in tutto il mondo.
Condizioni di lavoro penose
In molto paesi il guadagno minimo non basta ai lavoratori per sopravvivere. Un salario di sussistenza coprirebbe i bisogni fondamentali di una famiglia (scuola, trasporti, cibo, affitto, salute, ecc.) e lascerebbe una piccola parte dei salari per risparmiare o essere preparati alle emergenze.
Molte aziende si impegnano a pagare un salario minimo sulla carta, ma pochissime prendono misure concrete ed implementano realmente un salario minimo.
Il consumo problematico
La Svizzera è seconda solo al Lussemburgo in termini di spesa pro capite per abbigliamento e calzature, di cui solo il 6% circa è prodotto in modo sostenibile. I consumatori svizzeri gettano via ogni anno oltre 100.000 (!) tonnellate di vestiti, di cui solo la metà viene donata, rivenduta o riciclata. L'altra metà viene incenerita per ridurre la quantità di rifiuti tessili che si accumulano nelle discariche. (Fonte: studio di Swissinfo e EMPA o studio in formato pdf).
I cittadini svizzeri possiedono mediamente 118 vestiti nel proprio armadio e comprano ogni anno 60 nuovi capi d’abbigliamento. Non indossano mai il 40% dei loro vestiti o li indossano solo 2-4 volte. Ogni anno vengono consegnati 6,3 kg di vestiti vecchi pro capite.
Indossare i vestiti più a lungo e lavarli di meno è sufficiente per ridurre le emissioni nel lungo termine.
Come reagire in base a questo problema?
I numeri parlano da sé. L’attuale sistema-moda non funziona più. Fashion Revolution ritiene che l'intera industria della moda abbia bisogno di un cambiamento radicale di paradigma. Ciò richiede nuovi modelli di business e una varietà di soluzioni.
Come cittadini, possiamo avviare e accelerare il cambiamento con un nuovo atteggiamento nei confronti dei nostri vestiti. Per fare questo, dobbiamo spezzare la nostra dipendenza dai nuovi vestiti. Infine, dobbiamo comprare di meno e meglio, e chiedere in quali condizioni sono realizzati i nostri vestiti. Dobbiamo prenderci cura dei vestiti che già possediamo e lavorare di più per renderli permanenti. I nostri hack di moda ti mostrano come puoi essere coinvolto e goderti la moda in modo sostenibile.
Fonti e ulteriori informazioni:
www.sustainablefashionmatterz.com
www.greenpeace.org/international/en/campaigns/toxics/detox/
www.publiceye.ch/de/themen/mode
Studio di EMPA “Identifying the needs for a circular workwear textile management – A material flow analysis of workwear textile waste within Swiss Companies“ by Nadia Malinverno, M´elanie Schmutz, Bernd Nowack, Claudia Som